lunedì 7 novembre 2011

Botterí


Oggi é una di quelle giornate novembrine tipiche, in cui capisci perché le fiabe dei fratelli Grimm sono nate qui: dalla finestra della mia cucina vedo gli alberi del giardino dei vicini immersi in una bruma fredda e vaporosa; il contorno netto dei gialli, rossi e arancione delle foglie si é sfaldato in una tavolozza impastata con il bianco umido e lattiginoso della nebbia, la realtá delle forme nitide lascia il passo alle suggestioni dell´immaginazione e non mi stupirei se, da un momento all´altro, da dietro a quel cespuglio, sbucassero la strega di Hänsel e Gretel a braccetto con il lupo di Cappuccetto Rosso. Ci starebbe.
In questo tempo di zucche, tempo da streghe, tempo da tisane fumanti, tempo profumato di biscotti dell´ Avvento, con i supermercati che hanno esposto giá i miei amati Lebkuchen, il mio cervello ballerino e bipolare (perché oscilla sempre fra i miei due mondi, Italia e Germania) si é ricordato di quel signore che tanti anni fa, in via Sparano a Bari, proprio in questo periodo, invitava la gente che passeggiava guardando le vetrine decorate per il Natale, a comprare i biglietti della Lotteria Italia gridando, "Botterí!", la sua personale invenzione pe dire lotteria (forse perché chi vince alla Lotteria fa il botto, chissá).
Me lo ricordo ad un angolo della strada, imbacuccato in una ventina di sciarpe, rubicondo per via del freddo o forse del vinello bevuto per non sentire il freddo, con in mano un ventaglio di promesse da marinaio.
Chissá che fine ha fatto Botterí, mi sono chiesta. Chissá se qualcuno ha mai vinto qualcosa con un biglietto comprato da lui, chissá se lui ha mai vinto qualcosa, tenendosi per sé uno dei suoi invitanti biglietti. 
Magari ha fatto il botto, Botterí, si é tolto tutte le sciarpe ed é partito con un biglietto di sola andata per le Seychelles.
Mi sembrerebbe giusto.
Dopo questa parentesi fiabesca e contemplativa, stamattina mi sono messa al lavoro. Vale a dire, ho acceso il radar rilevacaos incorporato, e mi sono chiesta : "Da dove cominciamo?".
Perché quando Alice miracolosamente come oggi sembra ce la faccia a superare la soglia dell´oretta per la nanna, un mondo di cose non fatte ti si para davanti, e devi essere brava a capire da cosa cominciare. 
Time management, si dice, no? e dovrei aver pure fatto un paio di corsetti in azienda sul tema...
Dunque. 
C´é sicuramente la immancabile pila di robe da stirare, ma volendo...
...c´é che potresti anche metterti a disegnare, ma trascureresti che...
...sul tavolo del soggiorno giacciono infiniti oggetti non identificati, da smistare per forza se domani pomeriggio vuoi fare l´incontro "Torta/caffé" con le amiche del corso di preparazione al parto, e quindi ti viene in mente che...
...dovresti anche adempiere a tutta una serie di rottur importantissimi adempimenti burocratici procrastinati ad illo tempore e che magari sto illo tempore é arrivato, che poi il marito me ne chiede sempre conto "Hai fatto quella cosa lí..." ed io devo sempre ammettere che me ne sono.. ehm.. dimenticata, ma lo faccio domani, non preoccuparti...
Certo, oggi a casa mia é Santanna, la festa laica che celebriamo quando viene Anna, la ragazza russa che una volta alla settimana mi aiuta nelle pulizie, ma il punto é che con Anna riusciamo a rigovernare l´indomato quotidiano, ma é la lista di quelle cose, cosette, cosacce da fare ma che nessuno mai fa che mi piacerebbe una volta tanto debellare, risolvere, archiviare.
Mettere via definitivamente quei vestiti dei bimbi ormai troppo piccoli, che sono diventati quattro scatole enormi dell´IKEA vaganti da un angolo all´altro della casa senza trovare mai l´opportuna e definitiva collocazione.
Comprare finalmente la colla per il legno ed incollare il panchetto degli attrezzi di Marco, che é peccato che ie l´ hanno regalato e lui, in un impeto creativo in cui voleva trasformarlo in qualcos´altro, lo ha divelto lasciandolo tramortito in un mucchietto di assi che giacciono sul pavimento (ma cosí vanno bene per farci i recinti degli animali, mamma.Certo.).
Cucire quelle due tre camicie che non mettiamo mai perché finché mi decido ad attaccare i benedetti bottoni mancanti faccio prima ad andare in centro e comprare un paio di nuove.
La lista delle Piccole Grandi Cose Da Fare che nessuno fa mai é lunghissima. Sconsolante. Desolant...
...ahhaaaaahhhh, ma certo, potevo pensarci prima...
...Botterí!!! Botterí é la soluzione! Lotteria, estrazione a sorte, tentare la fortuna...
Botterí, emerso in una giornata di nebbia dalle nebbie della mia memoria, mi ha dato un´idea.
Ho preso un barattolo vuoto della marmellata. Ci ho appiccicato sopra un´etichetta di carta dal nome esaustivo, Botterí appunto. 
Ho fatto tanti bigliettini quante sono le cose lasciate in sospeso in questa casa. Li ho arrotolati e ce li ho messi dentro.
A turno, magari in uno di quei pomeriggi domenicali oziosi in cui stai steso pigramente sul divano a fare zapping, dovremo estrarre da questo barattolo un bigliettino a caso, e vedere quale incombenza dell´era glaciale riusciamo finalmente a mettere da parte. Cancellare. Risolvere.
Un giochetto per mettere la casa in riga. Una piccola lotteria in cui il premio é che le cose tornano al loro posto.
L´idea mi piace tanto. 
Ma. 
C´é sempre un ma. 
In questa casa siamo in quattro.
Uno di noi porta i pannolini, non sa camminare e a malapena gattonare. Non c´é speranza che si interessi a Botterí, per ora.
L´altro ha quattro anni, e quando gli chiedi di rimettere in ordine la sua stanza, ti guarda con la faccia da Capo degli Unni Incazzato (sapete di cosa parlo se conoscete Mulan), e ci vogliono pazienti trattative per ottenere che tolga di mezzo anche solo le macchinine.
L´altro ancora é l´unico della casa che sappia cosa sono "quei pomeriggi oziosi in cui stai steso pigramente sul divano a fare zapping", e non sono io. Di Botterí immagino mi dirá " Bella idea!", e poi nel bel mezzo del suo ozioso pomeriggio domenicale (sacrosanto, dopo una dura settimana di lavoro, non lo nego) estrarrá il bigliettino e lo lascerá ingurgitare dal divano, lasciando che si perda per sempre tra i suoi cuscini.
Ergo. Resto solo io a voler tirare füori i bigliettini di Botterí. 
Sigh. 
Mi é venuto in mente peró anche il correttivo di una idea in fondo bellissima ma probabilmente impopolare in questa casa. 
Mischiati con i bigliettini delle Cose Da Fare ci saranno dei bigliettini premio, di un altro colore. 
Tutti per me.
Tiri fuori il biglietto "Urge ordine in cantina!"?
Automaticamente devi tirare fuori un biglietto premio, per esempio "Fra, oggi ti sei meritata proprio una maglia nuova!", oppure " Hai vinto due ore di tempo solo per te. Decidi tu quando, ma goditele!".
No housekeeping, only enjoy! Come Botterí emigrato alle Seychelles, anche questo mi sembra giusto.



giovedì 29 settembre 2011

Se non esiste, inventatelo.


Io e Alice ce li giriamo (quasi) tutti. Tutti i corsi mamma-bimbo che offre Stuggi (Stoccarda per gli amici).
Abbiamo cominciato, quando lei era ancora in forma di mega anguriona sottopelle, con "Fit für die Geburt" -in forma per la nascita-, una sorta di acquagym massacrante e molto poco rilassante, tenuto da un´ insegnante che aveva appena finito il training da istruttrice a Guantanamo e non molto esperta delle elementari norme di depilazione femminile (c´aveva una coscia che mio marito le faceva un baffo, e quelle volte che a bordo piscina ce l´avevo ad altezza naso, anche se per caso non ce l´avevo fatta a depilarmi, mi sentivo una patinata testimonial della Silkepil, a confronto).
Alla fine della lezione, mentre strisciavamo distrutte verso gli spogliatoi, ci mantenevamo tutte la pancia, convintissime che vista la sollecitazione disumana a cui eravamo state sottoposte, avremmo partorito da un momento all´altro.
Avrei potuto anche scegliere qualcosa soft come Yoga o Tai Chi, ma quella parola fit nella brochure dell´acquagym ti fa convincere di poter rientrare subito dopo il parto nei tuoi vestiti di sempre, per cui opti ad occhi chiusi e con vivo entusiasmo per la tortura.
Poi ovviamente c´é il corso di preparazione al parto. 
Io avendo due figli ne ho fatti due (é vero che avendo provato una volta l´esperienza potevo sorvolare la seconda, ma come si sa repetita iuvant).
Il corso di preparazione per la nascita di Alice, solo per mamme, é stato di quelli tradizionali, con l´ostetrica che spiegava l´anatomia del parto, le varie fasi delle contrazioni, le tecniche di respirazione e tutto il resto. Una tipa molto pratica che non si perdeva in chiacchiere e dava tanti consigli utili.
Il corso di preparazione alla nascita di Marco, invece...una cosa da film comico. Lo teneva un´ostetrica, come dire, New Age? Alternativa? Figlia dei fiori? Famo´ strano?
Intanto c´erano anche i papá, come é giusto che sia. 
Distesi su cuscini, con sottofondo di musica indiana monocorde pallosetta e alla luce soffusa di candele, dovevamo disegnare il nostro concetto del dolore (e lí ti vedi mio marito che gira e rigira il pennarello sul quadrato che ha disegnato sul foglio, cercando di sbirciare quello che hanno fatto gli altri mariti). 
Dovevamo cercare di visualizzare tutto, il parto, il dolore, la respirazione, e il piú delle volte mio marito visualizzava cosí tanto che poi gli dovevo dare una gomitata per risvegliarlo.
Ma la cosa piú esilarante e´stata al momento della spiegazione delle diverse posizioni possibili per partorire. 
C´era un marito che si é messo serio serio a provare anche lui le posizioni, coordinandole con l´oggetto della lezione precedente, ossia le tecniche di repirazione. 
Stava lí accucciato, attaccato ad una di quelle corde a cui ci si puó sostenere in sala parto, inspirava ed espirava veloce veloce leeeeento secondo il ritmo spiegato dall´ostetrica, ed era cosí immerso nel ruolo, cosí serio e convinto e quasi sudato, che tutti cercavamo imbarazzatissimi di fissarci solo la punta delle scarpe, e un tipo ha sussurrato, impietosito "Ma che ie lo dobbiamo dire che possono partorire solo le donne??!!".
Dopo la preparazione al parto e dopo che finalmente il bebé é nato, qui c´é l´istituzione della Rückbildung, ossia la ginnastica postparto per rimettere in sesto il bacino dissestato, e questa ginnastica la paga la mutua, perché é ritenuta imprescindibile. 
Subito dopo il parto poi viene a casa un´ostetrica, che controlla mamma e bambino per una quindicina di giorni, dando consigli su allattamento & co., ´na cosa santa soprattutto per chi é alla prima esperienza.
E poi dopo c´é da sbizzarrirsi, e appunto io e Alice ci sbizzarriamo.
C´é il Baby-massaggio: bimbi oliati a puntino che potresti friggerli, che si lasciano fare un trattamento di massaggio da Spa-Center a cinque stelle dalle mamme. 
C´é il Baby-nuoto (forse lo cominciamo tra un pó), c´é il PEKIP, che ho fatto con Marco (PEKIP sta per programma praghese genitori-bambino, dal nome di uno psicologo di Praga che, osservando il bisogno di giocare anche dei bambini molto piccoli, ha sviluppato un sistema di attivitá elementari per incentivare lo sviluppo motorio e cognitivo dei nenonati), ci sono i Krabbel-Gruppen (krabbeln vuol dire gattonare, e si tratta di gruppi di gioco per bimbi e di incontro per i genitori).
Noi due adesso stiamo partecipando ad un Krabbelgruppe che si chiama Baby-Spaß (Baby-Divertimento), dove i piccoletti che in questa fase sanno a malapena rotolarsi e mettersi a pancia sotto, vengono stimolati con materiali diversi, canzoncine, filastrocche, suoni ecc...ad avere sempre piú voglia di muoversi. 
Ieri per esempio, visto che é cominciato l´autunno, il tema erano le castagne e tutto quello che si puó fare con le castagne (no, non la marmellata o le torte, ma rumori, manipolazioni, immersione dei piedini in una cesta colma di castagne...).
Ora. Un mio collega italiano una volta mi ha detto: "Ai nostri tempi queste cose non c´erano, e siamo tutti lo stesso intelligenti e capaci di muoverci". 
Certo. Si vive benissimo senza, e i bambini comunque prima o poi imparano a muoversi, a gattonare, a tenere gli oggetti in mano, ciascuno secondo i propri tempi e senza bisogno di stimoli particolari. 
Una mia amica che vive giú nel Belpaese invece ha esultato quando le ho raccontato di questi corsi "Che meraviglia! Qui cose cosí non ce ne sono affatto. Non c´é proprio NIENTE".
Ebbene, io penso che abbiano ragione entrambi, il mio collega e la mia amica. Senza baby-massaggio si cresce lo stesso bene. 
Ma d´altra parte é lo stesso peccato che tutto ció da noi non ci sia. Perché, certo, Alice emette "gheeee" di soddisfazione sia che io la massaggi, sia per il fratellino che salta davanti a lei sul divano, sia per tante piccole cose della sua quotidiana scoperta del mondo.
Ma fare baby-massaggio, Krabbel-Gruppe & Co. non le fa male e fa molto bene a me.
Vedere che non sono la sola che esce regolarmente di casa con macchie di pappina sulla maglia e capelli che avrebbero bisogno di un bel taglio. 
Confrontarsi con altre mamme che come me hanno problemi con 
l´allattamento, con lo svezzamento o anche semplicemente dubbi simili ai miei. 
Creare contatti, parlare, parlare, parlare, di bimbi certo ma anche di tutto il resto del mondo che, anche se noi mamme a volte per forza di cosa ce lo dimentichiamo, continua a girare.
Certo, questo tipo di servizi servono -e quindi nascono- in contesti come le grandi cittá, dove spesso le famiglie sono solo i gruppi nucleari minimi, papá mamma figlio e al massimo secondo figlio. 
Da noi invece quando nasce un bambino c´é la Famiglia allargata ad accoglierlo, uno stuolo di nonni zii e cugini che non aspettano altro che spupazzarsi il nuovo arrivato e alleggerire cosí facendo i neo-genitori. 
Peró resto comunque convinta che queste forme nuove e alternative di attivitá con e per i neonati e le loro mamme sarebbero una gran bella cosa anche se fossero esportati da noi. 
Il consiglio e il supporto di una mamma o di una suocera, per quanto preziosi, amorevoli e fondati sull´esperienza non esauriscono il bisogno di confronto e di condivisione che soltanto lo scambio con persone che stanno vivendo la stessa esperienza puó dare.
Per questo alla mia amica che sospirava "Giú non ci sono queste cose, non c´é NIENTE" mi viene di rispondere che ha ragione, ma anche che se si sente il bisogno di una cosa che manca, dal niente si puó creare la risposta a quel bisogno.
Se non esiste una realtá, ma la desideri, inventatela, non nel senso di fantasticarla, ma nel senso di metterla in piedi.
Questa é una cosa che mi ha insegnato il vivere qui: non si sta ad aspettare che sia lo Stato, la Pubblica Amministrazione, il Sindaco, la politica, a creare tutte le risposte ai bisogni della collettivitá. 
I singoli che hanno le stesse domande, le stesse necessitá, gli stessi bisogni, gli stessi interessi, si mettono insieme cercando le risposte che gli servono e danno vita al nuovo
L´associativismo, di qualsiasi tipo, colore, forma e provenienza fa creare dal nulla piccole nuove realtá che danno una spallata al NIENTE. 
E questo vale per i bisogni delle neomamme cosí come, per esempio, per quelli degli anziani. 
Io sono estasiata di fronte ai gruppi di vecchietti che vedo fare Nordic Walkind nel bosco dietro casa mia, che invece di trascorrere la vecchiaia contandosi gli acciacchi, si mantengono attivi e in salute, e che d´altra parte, al momento, sono sicuramente tutti piú in forma e fit di me.
La fantasia al potere quindi, per cambiare, per cambiarci, per crescere, per costruire. Ma soprattutto costruire insieme.
Un´ultima riflessione: vivere all´estero mi ha fatto conoscere realtá che non avrei mai immaginato se avessi vissuto solo in Italia.
È una banalitá ma anche una veritá che vivere all´estero ti allarga gli orizzonti: non diventi necessarimente piú intelligente, ma diventi davvero consapevole dell´esistenza e della bellezza della molteplicitá e della diversitá, e quindi maggiormente conscio del concetto di rispetto.
Per questo, se mi dessero di nuovo da scrivere il tema delle elementari (o delle medie?) su cosa farei se fossi un politico per rendere l´Europa davvero unita non avrei dubbi. 
Scriverei: un anno, meglio due, di soggiorno all´estero obbligatorio. Per tutti. Non solo gli studenti Erasmus, ma tutti. Solo le mie nonne sarebbero escluse dallo scambio interculturale, ma sono giustificate perché sono over 90.
Un tedesco che trascorre un anno o due a Napoli, penso si metterebbe a lavorare alakrementen a ripulire la cittá dall´immondizia, dando il suo punto di vista teutonico, ordinato, stakanovista. E si porterebbe dietro tanto soole mioo, tanto calore, un netto miglioramento del carattere e della spontaneitá. 
E chissá come diventerebbero gli italiani, e l´Italia, che sono giá un bel popolo e un bel Paese ma con alcuni deficit, se tutti, obbligatoriamente, dovessero stare per un periodo sufficientemente lungo all´estero.
Si tornerebbe tutti piú ricchi di idee, meno provinciali, un pó meno italiani o un pó meglio italiani. Il mondo che non esiste,  inventiamolo.







martedì 20 settembre 2011

Tenera é la notte. Ma anche dura (parte 2).


A casa mia, di notte, si aggirano dei mostri.
La storia é questa: mi succede spesso di svegliarmi di notte perché
1. ho sete
2. ho troppi pensieri o per la testa
3. devo fare pipí
4. spesso ho due figli, bassotti, ma comunque significativi quanto a ingombro, che dormono perpendicolarmente a me nel lettone e alla fine mi spingono letteralmente fuori (a me o a mio marito, o a entrambi).
Se mi si concentrano queste attivitá, piú uno o due risvegli di Alice tettanelante in una sola notte, la notte é bella che é andata.
Ora.
Succede talvolta che mi alzo al buio, bocca impastata occhio incollato e un porcatr...tra i denti e vedo che la luce in cucina é accesa.
"Anche tu qui?" chiedo
" Eh sí" fa Lui.
" C´ho una sete" dico mentre mi scolo due o tre bicchieri d´acqua (preparandomi le condizioni per il prossimo risveglio del punto 3).
"Come mai ti sei svegliato?"
"Ma, non lo so, non riuscivo a dormire..."
"Neanche io..."
"(sospiro)"
"...certe volte poi mi sveglio cosí, senza motivo, e mi comincio a chiedere: ma che ci stiamo a fare qui?"
"Capita lo stesso anche a me, di continuo"
"E quindi, che risposta ti sei dato? Perché stiamo qui in Germania?"
"Vediamo..."
"..."
"...perché al lavoro mi pagano meglio che in Italia...
" ...okkei...questo é un motivo, poi?"
"..."
"..."
"..."
"beh dai, mica stiamo qui solo per questo..."
"..."
"dai sforzati!"
"...dunque, in Germania...c´é tanto verde..." (é risaputo infatti che la ricerca di clorofilla é una delle ragioni principali nelle nuove forme di espatrio del ventunesimo secolo...)
vede il mio sopracciglio alzato e quindi continua...
"e stiamo qui perché...boh, perché si rispettano le regole?..."
Il mio sguardo é diventato quello supplichevole delle professoresse quando sperano di far uscire dalla bocca dell´alunno una lezione che non ha mai imparato...
"e stiamo qui perché...ma che ne so, qui ognuno si fa i cazzi suoi, e si parla una lingua di merda che possiamo stare 100 anni e non la sapremo mai perfettamente, e abbiamo la famiglia lontana, e gli amici lontani, e fa un freddo boia, e la sera c´é il coprifuoco, e i bambini non vedono mai i nonni, e per uscire con gli amici di qui bisogna darsi un appuntamento tre mesi prima, e siamo sostanzialmente soli, e Marco e Alice a scuola non studieranno il risorgimento italiano, e.." se non lo fermo lí, poveretto, mi stramazza al suolo.
No vabbé dai, sto esagerando.
Ho messo insieme tante conversazioni notturne diverse sul tema "ma siamo davvero felici a stare qui?", e non tutte necessariamente cosí sul depresso andante.
La veritá peró é che di giorno ti puoi lasciar trasportare dalla quotidianitá incalzante delle cose infinite che hai da fare, e non ci pensi.
Lavori, porti il bimbo all´asilo, porti la bimba al parco, incontri le varie Petra, vedi i vari Stephan, fai la lavatrice, una passeggiata nel boschetto dietro casa, la spesa...è una giravolta continua e mentre trottoli pensi a non cadere, non alle domande ultime sull´Esistenza.
Ma la notte no.
Di notte, la ratio di quello che di giorno si puó anche fare senza troppo pensarci grida vendetta. Vuole essere trovata.
La ragione, il senso ultimo, il perché.
Sei italiano fin dentro al midollo: tifi Italia, sai cantare solo l´inno italiano (la prima canzone che Marco ha imparato a memoria) mentre dell´inno tedesco conosci solo la fine, Vaterlaaaaaaaaaand...che poi, si puó chiamare una patria Padre Patria???vabbé sorvoliamo, vesti italiano e mangi italiano.
Pensi in italiano, leggi in italiano, parli in italiano (anche se mia madre dice che non lo parlo piú come un tempo, e che ogni tanto infilo nel discorso parole inesistenti, italianizzazioni di parole tedesche, pensa un pó tu come mi sono ridotta).
Sei pugliese: ti fanno tenerezza i muretti a secco e gli ulivi, la Festa Patronale ti infiamma e non vedi l´ora che i bambini abbiano l´etá per far vedere loro la processione con la Madonna e la cavalcata storica.
Ti porti dentro nelle fibre cieli blu assolati, no meglio, assoluti, che solo lí riescono cosí (da cui il detto oggi il tempo é una Puglia: mi hanno detto una volta che in Abruzzo dicono cosí delle giornate davvero belle), panni profumati di vento mentre si asciugano, odore di mandorle e vincotto d´inverno, odore di mare e di cattedrali di tufo riscaldate dal sole d´estate.
Ma vivi in Deutschland. E ti chiedi un giorno sí e l´altro pure perché.
Ci sono amici italiani che vivono qui e ne sono felicissimi. Che non si pongono nessun dubbio esistenziale, che si sentono a casa, che stanno bene nel posto in cui stanno.
Noi due, i dubbi - o mostriciattoli notturni - ci sbranano. Ci tengono svegli di notte e ci lasciano una recondita nota amara, una sbavatura di sottile e latente insoddisfazione, di giorno.
Voglio essere chiara: io contro i tedeschi non c´ho proprio nulla, anzi penso che abbiano davvero tantissime qualitá, come popolo, e che la Germania abbia tanti aspetti affascinanti. Un giorno scriveró magari un post su tutto quello che sto imparando da loro, e per che cosa li ammiro.
Ma non mi sento, non ci sentiamo a casa.
In fondo stai bene qui, e gli vuoi pure bene ai Crucchi (mi devo ricordare di fare una ricerca sul perché gli chiamiamo cosi, porelli), per cui il problema non sono loro, ma sei tu, o meglio siamo noi.
Forse siamo troppo provinciali, poco mondani, poco mitteleuropei o europei (anche se, ditemi, chi sono poi gli europei? É un concetto astratto inventato solo per supportare una moneta, secondo me), poco uomini di mondo.
Forse la difficoltá di destreggiarsi nelle vita quotidiana senza il supporto della famiglia di origine a volte ti logora un pó, e sminuisce il piacere dell´avventura, del nuovo e dell´esotico che il vivere all´estero ti regalano.
Forse semplicemente quello che é lontano e in qualche modo momentaneamente inacessibile diventa subito piú bello e appetibile di quello che hai a portata di mano.
Forse é la nostalgia canaglia, che ti prende proprio quando non vuoi...
Insomma, la notte é tenera perché é la lavagna vuota dove finalmente, in silenzio, mentre tutto il resto della classe é nel cortile a fare ricreazione, tu puoi pastrocchiarci sopra (mamma, esiste pastrocchiare?) quello che vuoi.
La notte peró é anche dura, perché piccoli mostri partoriti dalla coscienza, che si risveglia di botto e diventa vigile, si aggirano per la casa infestandola di domande scomode e di dubbi amletici.



PS: i due mostriciattoli di queste pagine sono gentilmente offerti dai miei Diari dell´Attesa, che ho tenuto durante le mie due gravidanze. Volevano essere la rappresentazione e quindi anche l´esorcizzazione delle mie paure di futura mamma, ma vanno benissimo per rappresentare anche le paura di cui parlo qui. La paura del perdere l´Appartenenza.

lunedì 19 settembre 2011

Lavori in corso.

Non scrivo qui da un sacco di tempo, e per una blogger che si rispetti questo é male, ma é che tra mal di schiena perché Alice sta diventando super cicciotta, svezzamento che boh, funziona e non funziona, e altre cosucce varie ed eventuali bimbesche e non, non ho avuto ancora tempo di dedicarmi come si deve al blog (che tra l´altro ha un layout che non mi soddisfa del tutto, e a cui vorrei pure lavorare...).
Peró sto lavorando ad altro, e qui, come avevo promesso, posto una lista di alcuni dei miei progetti con relative deadlines (bella questa parola, fa tanto azienda, per non rinnegare le mie  origini professionali...).
Sono tutti progetti legati al mondo dell´illustrazione infantile.
Cinque anni fa, prima di rimanere incinta del mio primogenito, ho avuto -ed era ora!- l´illuminazione: quello che veramente voglio fare nella vita, oltre alla mamma, alla viaggiatrice e alla impiegata in ufficio, é scrivere e illustrare storie per bambini.
Avrei potuto capirlo molto prima, giá in terza media, quando il professor N., di educazione artistica, esclamó, guardando i miei disegni: "Ma tu Francesca devi andare al liceo artistico!", ma io ovviamente non ci sono andata (spirito di contraddizione? scarsa conoscenza di me?inculcamento dell´idea malsana per cui solo se sei ingegnere, avvocato o commercialista hai il lavoro che davvero conta?)  ed ho fatto il liceo classico (che ho comunque molto amato), poi Giurisprudenza (che ho parzialmente odiato) e poi un master in Risorse Umane (che mi ha aiutato a capire comunque che, se non vuoi fare l´avvocato, la Laurea in Giurisprudenza non é che devi per forza gettarla alle ortiche).
Ho battuto strade completamente diverse, ma siccome quello che siamo davvero torna sempre a bussarci alla porta, cinque anni fa, come dicevo, mi sono sentita scombussolata dal rinascere delle mie passioni, e mi sono rimessa sulla retta via (continuando a fare of course la mamma, la viaggiatrice e l´impiegata)
Ho ricominciato a lavorare al mio antico e bistrattato amore, molto poco e con scarsa convinzione, in realtá, accumulando per ora solo tante idee e storie e schizzi sparsi.
Ora sto mettendo insieme tutto.
Materiale, tecniche, voglia, brandelli di tempo, botte di autostima e quintali di determinazione. Mixando il tutto ne dovrebbe uscire la nuova Francesca.
A prestissimo.

sabato 10 settembre 2011

Tenera é la notte. Ma anche dura.

Io vado a dormire in genere molto volentieri con le galline.
Come i bebé, le suore, gli uccellini e le galline, appunto, preferisco andare a dormire la sera piuttosto presto e magari svegliarmi con il gallo (e starmi a rigirare i pollici in attesa che si svegli il resto della truppa), piuttosto che fare tardi e poi essere tutto il giorno di malumore. 
É una questione di bioritmo, credo, e non penso posso farci niente.
In fondo non mi dispiace neppure: la notte mi é sempre sembrata un luogo buio e misterioso, notturno appunto, da lasciare a chi ha piú coraggio di me, o ai tipi loschi.
Okkei, a diciotto anni o giú di lí ho fatto pure io le mie (due, tre?) serate disco con il cornetto caldo dell´alba, ma anche allora il piú delle volte con l´occhio da triglia e i piedi doloranti pensavo "Ma chi me lo ha fatto fá??" .
Da qualche tempo invece é diverso.
Da quando ho due nanerottoli di quasi 4 anni e 6 mesi per casa, con mille richieste e zero pazienza, sto rivalutando moltissimo la notte.
Uno spazio potenzialmente immenso di possibilitá. Uno spazio mio, da ritagliarmi su misura, dove regnano silenzio, concentrazione, ricerca, lavoro.
Di giorno mi disperdo in una cacofonia di suoni: mamma dammiiii-gneeeeee-ruttino-mamma gioca dai-dov´é la mia spada-frign-sob-buaaagugu-c´éunacamiciastirata?-slurp-questononmipiace-aiut-farfallinabellaebianca-dasistmein-éprontooooooo-i pirati quindi-nonlotrovo-sgrunt-ahahaha...
...di notte finalmente tutto tace, finalmente tacciono, ed io mi ritrovo, ritrovo quello che sono, quello che voglio, le cose che mi piace fare.
Ascolto i bambini respirare nel sonno, e la tensione del dovere si allenta, lasciando spazio alla rilassatezza del volere.
Sono gravida, in questo periodo. Per fortuna non di nuovo di un bambino (e no, mo avast, come si dice dalle mie parti), ma di tantissime scoppiettanti idee. Idee che, come dicevo, non si chiameranno mai piú sogni, ma progetti, che, come mi insegna la mia lunga e in fondo anche gradita esperienza di lavoratrice aziendale, hanno un termine ben preciso entro cui devono essere realizzati.
Perché...
(squillo di tromba )
...é arrivato finalmente il momento di cambiare l´andazzo apatico, indifferente, indolente, inerte, passivo, inconcludente della mia vita.
Facciamo un gioco: io vi dico in quali categorie di capacitá di autodeterminazione si divide secondo me il genere umano, e voi provate ad indovinare in quale mi trovo io.
  • Categoria A (A come "anvedi questi"): chi sa benissimo cosa vuole e lo fa. I decisi, insomma. 
          No...Francesca qui... ehmmm... non pervenuta.
  • Categoria B (B come "beh pure loro peró"): chi non sa cosa vuole e non sa dove andare. Le amebe.
          Francesca anche qui non pervenuta (e meno male).
  • Categoria C (C come semplicemente "i coglioni"): chi sa cosa vuole e non lo fa. I coglioni, appunto.
          Bingo!! Francescaaaa...é qui!!! (Applauso).

Momentino peró. Questo era il passato. E sí eh.
Puó succedere che un giorno ti svegli, pensi finalmente che la vita é corta, che hai troppe cose da fare e da dire, che hai bruciato un sacco di tempo (tutti i miei minuti, le mie ore, i miei giorni, le mie stagioni sprecate mi fanno male, fisicamente) ma che -se Dio vuole- ne hai ancora altrettanto, e allora ti svegli dall´incantesimo.
C´é quella frase, "oggi é il primo giorno della mia nuova vita", che non so chi ha scritto, che mi brucia dentro ogni giorno, ogni ora, ormai. E mi fa finalmente agire.
Seguirá elenco dettagliato e accuratamente corredato di deadlines delle mie "scoppiettanti idee" o progetti. E vi spiegheró anche la seconda parte del titolo di questo post, secondo cui la notte é anche dura.
Per ora vi lascio con questa immagine, della notte che é tenera, come un cielo pieno di stelle di fronte ad un gatto che sta lí a contarsele tutte.

domenica 4 settembre 2011

Magia.


I tedeschi sanno fare bene un sacco di cose, si sa.
Sono i primi della classe nel rispetto delle regole.
Sono gli unici che c´hanno i conti a posto in questa disastrata EU, mentre noi e la Grecia a turno ci devono acchiappare per la coda per evitare che ci rompiamo l´osso del collo.
Fanno bene la birra e i würstel e ci imbastiscono sopra una festa che ogni italiano medio sui diciotto anni sbava per andarci almeno una volta nella vita (ma anche l´italiano medio sui sessant´anni, mio padre da mó é che mi dice: devo venire una volta su da te ad Ottobre per locttobberfest, indifferente al fatto che io non sto a Monaco); sanno fare le auto, le lavatrici, le donne (a sentire mio marito, che apprezza molto la bellezza femminile teutonica), sono mostri della tecnica ma c´é una cosa eccezzzzionale e  davvero magggica che fanno i tedeschi, che a me fa restare senza fiato ogni volta che ci penso.
Una cosa difficilissima, che non mi riuscirá neanche se in questo Paese ci restassi altri quattrocento anni e riuscissi alla fine a mangiare crauti a colazione e a trovarli pure buoni.
I tedeschi - fanno andare - a letto - i bambini - alle otto di sera (i superdotati anche alle sette, e non sto dicendo minchiate). E non ci sono santi. I bambini alle otto dormono DAVVERO.
E gli adulti dalle otto in poi poi possono fare i loro beati e volendo anche porci comodi... leggere un libro, stirare, dieci asana di yoga, una telefonata fiume ad un´amica, guardarsi stravaccati un film, che sono anni ormai che la mia cultura cinematografica é rimasta ferma a Braveheart...
Gli adulti tedeschi possono fare di tutto, la sera, perché hanno la serata davvero "libera".
Non, come succede a casa mia, che cominciamo la lunga fase dell´addormentamento alle otto e mezza (come da copione: lava i denti, fai la pipí, che libro vuoi amore) nella speranza che almeno alle nove e mezza il pupo sia crollato, e  invece alle dieci siamo ancora al sesto o settimo "Mamma, dai, un altro libro e poi basta". E sti cazzi, bastaaa lo dico io!!!
La domanda é, ovviamente: come fanno? Io li osservo da tempo sti Harry Potter germanici , li spio dalle finestre che si accendono mentre intorno scende il crepuscolo, perché anche a me, nonostante le mie origini molto subalpine, l´incantesimo deve prima o poi riuscire!
Mi sono anche chiesta: cos´é che rende il bambino italiano particolarmente su di giri dalle otto di sera in poi, mentre il riccioluto e biondo infante tedesco a quell´ora stacca docile e remissivo la spina?
Sono i geni? Sono secoli di ossequioso e assoluto rispetto delle regole inscritti nel dna del popolo tedesco? È tutto dovuto al fatto che vanno a letto leggeri leggeri, ché un bimbo tedesco piú di un Abendbrot (pane e salame), la sera, non mangia nient´altro?
È dovuto alla lingua con cui comunicano fra loro, che mentre se io dico a Marco "Adesso si va a dormire amore, ti leggo una storia e  poi basta" suona poetico, leggiadro e per nulla assertivo, come un sonetto del dolce stil novo, se un tedesco dice "Jetzt wird geschlafen. Schluss. Bis morgen" suona come un incazzato imperativo categorico?
La risposta non ce l´ho, sono ancora in fase di ricerca. Peró per osmosi, per  il solo fatto che vivo qui, e che in un certo qual modo mi sto tedeschizzando, certe magie -porcaboia- devono riuscire pure a me!

Stasera.
Marco era nel suo letto alle nove, con la lucina spenta, rito dell´addormentamento felicemente concluso e Alice era crollata ancora prima. Con passo felino mi incammino lungo il corridoio buio, destinazione avanzo di gelato alla stracciatella nel freezer. Prendo la vaschetta, mi giro per cercare un cucchiaio...e un omuncolo in pigiama mi infilza due occhi carichi di rimprovero nei miei e proferisce "Mamma non si mangia il gelato di sera!" e " Me ne dai un pó?"
Ahahahaaaaaaaarrghhhhhhhhhhhh

giovedì 1 settembre 2011

italianwoman in stuttgart

"Ci nama scij sciamaninn, ci nannama scij, na n sim scenn". Sembra impronunciabile cinese, ma é solo dialetto pugliese, e vuol dire: se ce ne dobbiamo andare andiamo, se non ce ne dobbiamo andare, non andiamo. Non é altro che un simpatico e abbastanza scemo scioglilingua da sottoporre soprattutto in ufficio ai colleghi, magari della Valtellina, per ridere di come incespicano nelle "sc", ma io ho scelto la prima parte di questa frase come titolo del mio blog, perché rappresenta in estrema sintesi la mia vita attuale.
Se ce ne dobbiamo andare (se proprio dobbiamo), andiamocene. È quello che ho detto otto anni fa quando il mio fidanzato di allora e attuale marito é stato assunto in una grande azienda tedesca e mi ha chiesto: "Vieni con me?".
Io allora ero giá un´emigrata, ma solo dal sud al nord Italia. Vivevo a Milano, lavoravo in una societá interinale come responsabile di selezione e provavo a vedere se ci fossero cocktail per me nella Milanodabere. Cermania? Wasistdas? Era qualcosa che nei miei orizzonti di vita non era mai stata contemplata.
Ci sono venuta qui controvoglia, per riunire "la famiglia", per stare con Lui e perché in fondo l´idea di un´esperienza all´estero non é che mi dispiacesse, anche se avrei preferito un paese anglofono, almeno avrei saputo cavarmela da sola, all´inizio.
"Vabbé, ci stiamo un pó e poi ce ne andiamo", ho pensato. Era il 2003 e oggi, 1 settembre 2001, abbiamo sul tavolone lungo del soggiorno il contratto di acquisto di una casa in costruzione qui vicino, che dovremmo sottoscrivere a breve. Il mio primogenito va all´asilo tedesco, e gioca con le macchinine alternando  "Mannaggia si é rotta"  con "Das ist kaputt". Radici che si infittiscono e si rinsaldano affondando sempre piú in una terra non nostra, bellissima ma aliena, e che tale rimane, per me, anche se ormai la lingua la mastico e nonostante quando con l´aereo atterriamo a Stuttgart ormai penso "Siamo a casa".
Ricapitolando: italiana. Pugliese. Da 8 anni emigrata (trovo bella ma anche inquietante questa parola da scenario ottocentesco, che fa pensare a mattini nebbiosi e ghiacciati sul porto di Ellis Island) in Germania.
Attualmente in maternitá, con una una bimba di 6 mesi e un bambino di 4 anni.
Non ancora competamente realizzata nella sua vita lavorativa, nonostante molte esperienze accumulate.
Un caso patologico dal punto di vista delle scelte di vita, perché scelgo quasi sempre male: un esempio per tutti, la scelta dell´universitá. Mi sono laureata in Giurisprudenza comprendendo sin dal primo giorno di lezione di diritto privato di aver cannato alla grande, ma incapace di cambiare rotta (perche? vallo a chiedere a Freud). Mi sono laureata anche a (quasi) pieni voti, ma questo dimostra solo che sono secchiona e non brava a scegliere.
Questo blog ha due intenti, pertanto: uno, di parlare della mia esperienza di espatriata con chi, come me, questa esperienza la sta facendo e la benedice e maledice in egual misura ogni giorno; con chi questa esperienza l´ha fatta, l´ha conclusa e la rimpiange o con chi ringrazia Iddio di esserne uscito; e con chi all´Estero, nome generico di cosa che comprende milioni di esperienze e di possibilitá diverse, ci vorrebbe tanto andare.
Il secondo intento é quello di parlare di me, dei miei successi, dei miei fallimenti e dei miei progetti (da qualche tempo mi sono vietata di usare l´espressione sogni nel cassetto, perché se li definisco cosí, lá rimangono, zuccherosi e polverosi pensieri che non servono a nessuno e non si trasformano mai in realtá) per condividerli e magari avere a costo zero da chi bazzicherá su queste pagine una piccola psicanalisi di ritorno fatta in casa delle mie nevrosi.
Ed ho deciso scrivere alternando delle piccole rubriche:
C´é moda e moda: la mia passione per la moda, per l´arte, per l´illustrazione infantile, per tutto quello che é grafico e visivo (la mia vera passione, altro che le servitú di passaggio e le societá in accomandita semplice).
Cruccolandia: il mio quotidiano confronto con le Merkel, i Ratzinger, i Kant e gli Heidi Klum della porta accanto.
I consigli di Anacleto: avete presente quel gufo simpatico ma un pó bisbetico, amico di Merlino ne "La spada nella roccia" (so tutto su questo cartone, visto che é il preferito di mio figlio insieme a "Robin Hood"; potrei partecipare ad un Rischiatutto sul tema e vincerei alla grande)? Ebbene, é un gufetto colto che ha letto un sacco di libri, ed io recensiró qui i libri piú belli che ho letto o che sto leggendo. Leggere é solo la metá del piacere, per me: parlare dei libri con gli altri é l´altra metá.


Vi lascio con dei versi esaustivi su di me e sul mio blog:


Oh oh I'm an alien
I'm a legal alien
I'm an Englishman in New York
oh oh I'm an alien
I'm a legal alien
I'm an Englishman in New York


Non é New York, ma la sostanza non cambia.