venerdì 14 settembre 2012

Un pó piú di Eva.

 
Ieri sera alla televisione tedesca ho visto quasi per intero "Lord of the war", un film con Nicolas Cage.
Cage mi ha sempre fatto pietá come attore, perché conosce solo l´espressione facciale " occhio ieratico con sopracciglia all´ingiú e faccia da cane bastonato" e non riesce a togliersela neanche quando ha una scena in cui non deve far piangere, ma il film mi ha preso.
È la storia di un trafficante d´armi illegale che ha contatti con tutti i dittatori e i guerrafondai di questa Terra, e fornisce loro fiumi di armi in cambio di soldi o molto spesso di diamanti.
Questo é il suo (sporco) lavoro, in giro per il mondo, mentre quando torna a casa, in America, lo accolgono il suo appartamento patinato, la moglie angelica, bella da rivista, dedita all´arte, e il figlioletto pacioccone, tutti ignari dei suoi traffici, ma felicemente beneficiari dell´esistenza dorata che questi consentono loro.
Il film é costruito un pó come "Catch me if you can", col piedipiatti che lo segue in giro per il mondo ma non riesce mai a prenderlo con le mani nel sacco, fino a quando, una volta riuscitoci, dovrá arrendersi alla cinica constatazione, spiegatagli da Cage stesso, che non ha fatto altro che un buco nell´acqua, perché Qualcuno, da molto in alto, lo fará liberare a breve.
Sí perché, lo sappiamo, i Signori della Guerra non lavorano solo per se stessi, ma sono al servizio di un Sistema. Dei Massimi Sistemi, per cosí dire: economici, politici e governativi, che da una parte fingono e proclamano di aborrire la guerra, e dall´altra, ma sottobanco, l´alimentano, la finanziano, e addirittura la fomentano.
Ieri sera le immagini a volte crude ma finte del film si mischiavano nella mia mente a quelle crudissime e vere che arrivano in questi giorni del massacro in Siria.
Uomini impauriti in trincea poco prima di essere sbriciolati via insieme alle trincee.
I corpi piccolissimi dei bambini, martoriati, messi uno vicino all´altro in funerali improvvisati, e i genitori a fianco senza piú parole né lacrime.
Distruzione, vuoto, distruzione, lacrime, distruzione, sofferenza, distruzione.
Energie, soldi, mezzi, intelligenze, tutti al servizio del Niente.
Una nuova guerra, come tante altre vecchie. Un guerra per alcuni versi lontana, e in realtá anche questa vicina, perché riguarda Persone, e siamo tutti Persone.
Io sono convinta di una cosa in proposito, banale, probabilmente, ma voglio ribadirla qui: nel Mondo ci sono, ci sono state e purtoppo ci saranno le guerre, e la morte, e la distruzione, perché il Mondo é, ed é sempre stato, nelle mani dei maschi.
Non mi si tacci di facile femminismo, per piacere. Io non penso che le donne siano in quanto tali meglio degli uomini. Ma sono sicuramente, e senza ombra di dubbio, meno aggressive.
È un dato di fatto, nelle guerre come nelle statistiche della "normale" criminalitá cittadina, che ad uccidere sono di piú i maschi, e la violenza é maschio, putroppo, da che mondo é mondo.
Me ne accorgo anche nella vita quotidiana col mio maschietto: la violenza esercita un fascino irresistibile.
Dalla simpatia adrenalinica delle botte da orbi e da ridere che si danno il panda e la tigre in Kung-Fu Panda, passando per la fascinazione che esercitano cavalieri e pirati, con le loro armature, spade, scimitarre e pistole, fino alla goduriosissima mezz´ora di lotta sul lettone col papá, il mio maschietto é completamente affascinato dalle "cose da maschio". E va bene cosí.
Ne parlavamo anche con la sua maestra all´asilo: il gioco di ruolo in cui il bambino si cala nei panni dei suoi eroi, siano essi soldati, cavalieri o pirati, serve al bambino per esercitare la conoscenza di se stesso e la sua autostima, per caricarlo della loro stessa forza e aiutarlo a superare éventuali paure o inibizioni.
Ma siamo persone e non bestie. La violenza come istinto, come gioco, come sport, va tenuta recintata e ammansita nella mezz´oretta di lotta, nella visione di un cartone, nella pistolettata con le pistole di plastica, ma non estesa a legge in  tutti i settori della vita. Ed é un difficle compito di equilibrismo educativo, far capire che sí, il Kung Fu é bello e se vuoi ti ci iscrivo pure, ma la violenza, al di fuori del gioco, no, non é ammessa. Non solo non é ammessa, ma fa schifo: rovina tutto.
Noi donne da piccole giochiamo alla mamma, alle costruzioni, a nascondino, alla Barbie, a Unduetrestella, a fare i disegni, e a tante altre cose piú costruttive che distruttive, e da grandi pochissime di noi fanno le soldatesse o le assassine. Ci sono, certo, le donne che uccidono, ma sono poche, e secondo me, giocano ad imitare i maschi.
E il fatto che con la gravidanza e il parto conteniamo la Vita e la doniamo al mondo, ci rende per definizione creatrici e non distruttrici, conservatrici e non eliminatrici.
Era tra l´altro questo tema che mi aveva affascinato anche all´epoca quando avevo letto il per altri versi poco entusiasmante "Codice da Vinci" di Dan Brown: se il Femminile presente nel mondo, e osteggiato da secoli per i piú svariati motivi (le donna strega, la donna prostituta, la donna a cui viene proibito persino di lavorare e di votare...), potesse riuscire a equilibrare l´eccesso di Maschile, di testosterone, di aggressivitá presenti nel mondo, vivremmo sicuramente in un mondo diverso.
Se il nostro ruolo naturale e la nostra indole potessero improntare di piú la vita sulla Terra, e le donne avere il peso politico, sociale, economico e culturale che dovrebbero ma ancora non hanno, questa Terra sarebbe un posto diverso, ne sono convinta. Migliore.
 
 
 
 
 

martedì 11 settembre 2012

Analysis paralysis.
 
 
 
 
Volendola fissare in una immagine, la mia forza di volontá assomiglia ad un soufflé appena sfornato: gonfio, voluminoso, impettito,. Cosí é all´inizio di ogni nuovo progetto, nuova idea, nuova impresa.
Dopo un pó di tempo peró la mia volontá assomiglia ancora ad un soufflé, ma ad un soufflé trascorsa una mezz´oretta dalla sfornata: sgonfio, acciaccato, spompato, ripegato su se stesso (parlo dei soufflé che faccio io, magari ci sono tra i miei milioni di lettori cuochi provetti a cui i soufflé non si sgonfiano mai).
Parto in quarta, sgommo, mi entusiasmo, accelero...e poi piano piano freno, mi demotivo, decelero. E lascio perdere.
Ok, non é sempre cosí per tutti i settori della mia vita, ma é stato cosí per tante belle cose cominciate e mai portate a termine.
Volevo fare danza da bambina. Iscritta a danza. Fatte poche lezioni, basta, non ho piú voglia. Scarpette al chiodo.
Volevo imparare a suonare la chitarra da piccola. Viene il maestro di chitarra a casa. Due lezioni, mi annoio, so stanca e so stufa, e facciamo un altro buco nel muro per il chiodo della chitarra.
Volevo imparare a suonare il piano, da ragazzina...e la storia si sa come é andata.
Che poi il problema é pure che tutte le cose non fatte e tutte le strade non battute ma guardate e riguardate soltanto sulla cartina senza decidersi a partire, rimangono sempre in testa come fantasmi scomodi che razzolano nei corridoi del cervello indisturbati, senza lasciare mai davvero in pace.
Ebbene. Dei miei progetti piú recenti uno che mi stava davvero a cuore era il blog.
Scrivere senza un vero perché, o meglio perché ce ne sono mille di perché.
Per capirmi.
Per capire.
Per analizzarmi.
Per analizzarmi di meno.
Perché mi piace.
Per condividere.
Perché lo so fare.
Perché mi fa bene.
Perché fa ridere.
Perché fa piangere.
Perché é trendy.
Perché é una cosa atavica.
Perché me lo devo.
Perché perché la domenica mi lasci sempre sola.
Romeo Romeo perché sei tu Romeo?
Perché mi piace. Uff l´ho giá scritto.
Perché si muore.
Perché é giusto.
Perché mai?
Perché sí.
Perché no?
Perché boh.
Perché ho un sogno.
Perché ho bisogno di chi mi ricorda che ho un sogno.
Perché é la via.
Perché é la mia veritá.
Perché é una parte della mia vita.
Perché non saprei.
Perché lo so benissimo il perché.
Perché chissenefregaperché.
Per cui, data l´importanza e la rilevanza della cosa, ovviamente qualche mese fa  (qualche mese fa??? un anno fa! é un anno che non scrivo sul mio blog) incorniciavo il mio piccolo progetto del blog, inutile per il mondo intero ma significante per me, gli trovavo un posto glorioso sulla parete dei Progetti Incompiuti & Arenati, giravo le spalle e sbattevo i tacchi andandomene verso altre imprese e nuovi lidi.
Ma sentendone spesso la nostalgia. I pensieri che avrei voluto condividere e non condivisi. Gli episodi vissuti, le cose viste, le fotografie scattate, le frasi lette, le parole ascoltate, le riflessioni sciocche e le riflessioni meno sciocche.
Pensavo e ripensavo in questi mesi, e ne sono piú che mai convinta, che la vita si vive di piú se la si racconta. E la vita si moltiplica, di riflessi e di significati, se la si condivide. Tenendo per sé quello che si vuole tenere per sé, ma condividendo quello che acquista piú senso se condiviso.
E su questo tema della condivisione attraverso un blog, ho letto qualche giorno fa su uno dei vari blog che seguo, Decor8, un blog di arredamento e decorazione tenuto da un´americana che vive in Germania, queste considerazioni sul bloggare:
 
"Analysis paralysis is a term I often refer to when I’m lecturing or teaching a class because it’s exactly what happens to me when I think too much. I think myself almost into a hole or a corner and become paralyzed.
Writing gets me back out again and for me, is such a huge creative release and exercise – it’s like working out – when you stop doing regular exercise you feel a huge dip in your overall feeling of well being. Same for me and my personal creativity – primarily tapped into through writing and photography. I never realized until I took a month away from blogging just how vital is was for my well being and how healing to my soul.
No matter what I go through in my personal life, blogging about design, creative things, art, our community, blog topics, crafts, travel… All of this sharing and processing of ideas helps me to concentrate on positive things that make me happy. This act of giving and receiving makes a difference in my life."
 
L´ho trovato illuminante. Parlava a me, parlava di me. L´analisi, l´analisi eccessiva paralizza. Bisogna fare quello che si vuole, quello che si sente. Buttarsi dal bordo della piscina, senza pensare a quanto é fredda l´acqua. La condivisione di me, dei miei progetti e delle mie esperienze attraverso il blog mi é mancata tanto, troppo, in questo periodo.
Per cui, ho deciso di tornare.
E di non andarmene piú. (coro di "noooooooooooooooooo" disperati dal fondo della platea).